La nostalgia del mare


 – Gerda! Guarda cosa ho trovato!

La bambina corre veloce, il corpo magro illuminato dal sole. I capelli biondi e spettinati sono pieni di mare. Lo scoglio è caldo, sotto i piedi scalzi. Con un salto atterra sopra i sassi piccoli e rotondi della spiaggia e raggiunge Kay. Lui solleva il tesoro che ha trovato per lei, esultante. 

– Ha un buco: vedi? 

I due bambini si accucciano vicini e osservano il sassolino, poi ci guardano attraverso, a turno.

– Ci possiamo fare una collana! – esclama Kay elettrizzato. I suoi occhi si fanno seri, all’improvviso. Corre dal padre e bisbiglia al suo orecchio. Così quello si alza, setaccia la spiaggia fino a trovare un filo da pesca, lo porge al bambino, che ci infila il sasso, azzarda un nodo e lo porta alla sua amica. Lei sorride, di un sorriso a cui manca un dente davanti e si infila quel gioiello al collo. Senza troppe cerimonie, i due bambini ritornano allo scoglio e col retino danno la caccia ai granchi.

La spiaggia è deserta, attorno si solleva appena il primo canto delle cicale. È quasi giugno. Dietro la spiaggia sassosa odorano i mirti, e le ginestre stanno già sfiorendo.

(La Regina delle Nevi. Fantafiabe. Delos Digital, 2018)



Non saprei descrivere con parole migliori la spiaggia di Polje. Siamo nel Parco Naturale Kamenjak, in Croazia, a 10 km da Pola… anzi, vorremmo tanto esserci, a ben specificare il sentimento che mi ha mossa a scrivere queste righe. Una profonda nostalgia di luoghi, tempi e stati d’animo che in questo momento storico così difficile sembrano enormemente lontani. Eppure, il pensiero è dolce, perché contiene il desiderio del ritorno, e la speranza di ritrovare i nostri piccoli paradisi. Il Parco Naturale di Kamenyak è una costellazione di ricordi e posti veri, belli da commuoversi, dove io e mio marito Davide approdiamo ogni anno, senza riuscire a farne a meno, fin dalla nostra prima vacanza assieme, poi con Valerio, che lì è cresciuto come il bambino del racconto (che naturalmente è proprio lui, mentre gioca con l’amica che da sempre occupa assieme a nostro figlio gli scogli più ambiti della spiaggia).

La baia di Polje è deserta, al mattino: tutta la spiaggia per noi, a cercare sassi scolpiti dal mare e conchiglie, a guardare riposare in silenzio le barche del porticciolo poco distante. Mentre Valerio legge un giornalino o sfida l’acqua mai calda della punta dell’Istria, io e Davide a turno corriamo, passeggiamo, pedaliamo, fotografiamo, percorrendo l’intrico di sentieri sterrati che conducono a decine di spiagge, sassose o rocciose, persino una sabbiosa, che nulla hanno da invidiare a mete più esotiche. Col tempo mi piacerebbe raccontarvele a una a una ma… mi raccomando: non spargete troppo la voce! Già il turismo si è troppo velocemente sviluppato nell’adiacente paesino di Premantura, dove un tempo c’erano due soli ristoranti e una ristretta scelta di appartamenti in affitto dal sapore post-bellico, fra il decadente e il minimalista! Ora purtroppo la periferia del paesino è deturpata da costruzioni orripilanti, i ristoranti si sono moltiplicati, ed è necessario viverla in bassissima stagione per ritrovare l’atmosfera sperata: ma tant’è, siamo riusciti ad andare persino in questo 2020, a inizio giugno, scoprendo di essere i primi italiani in campeggio, e avremmo tanto voluto tornarci ora, d’autunno. 

In primavera il parco è un’esplosione di orchidee rare e giallo di ginestre; in estate dei fiori rimangono per un po’ quelli dei mirti, poi i colori e gli odori delle fioriture lasciano spazio a un suono, sempre lo stesso, profondo, continuo, ipnotico: il verso delle cicale, che diventa più forte man mano che si avvicina agosto. Ho provato a registrarlo, per portarlo con me, ma a nulla è valso lo sforzo: bisogna essere là per sentirlo vibrare. 



Da anni abbiniamo a ogni spiaggia uno dei tanti incredibili beach bar che sono sorti man mano negli anni dopo il primo, unico, inimitabile “Bar Safari”, che descriverò in seguito (merita una storia a parte). Quando si va alla spiaggia di Polje, l’aperitivo lo si prende al bar di Pininzule. Lo sanno bene gli amici e le amiche che ci seguono nei nostri itinerari, affidandosi alle nostre abitudini immodificabili, sulle quali si può fare un po’ d’ironia, ma che poi nessuno ripudia, essendo il frutto di anni di ricerca del maggiore benessere possibile! Chiamiamo questo luogo “il bar sotto il bosco”, perché ci richiama a un’ambientazione boschiva, anzi di più: montana, con la casetta di legno e gli abeti marittimi a regalare l’ombra più fresca del parco, perfetta per le giornate calde, quando è necessario rinfrescarsi con un “gemischt” (così ordiniamo lo spritz, alla tedesca, per distinguerlo dall’autoctona “bevanda”, dove il vino è mescolato all’acqua naturale). È uno dei pochi beach bar de cui non si vede il mare. Ma è il mio preferito. Sotto il bancone del bar Pininzule c’è una pedana di legno: come in un’eterna sagra, per anni (finché erano piccini e non si vergognavano di nulla) Valerio e i suoi amici hanno ballato e mangiato gelati dai nomi slavi là sopra, mentre la radio passava improbabili compilation, e noi giù a ridere e fotografarli, ché sapevamo non sarebbero stati mai più così liberi e felici. 





 Cockta, impressionismo e un appello ai più eruditi.

Siamo di nuovo in Slovenia. Lungo la strada che collega Divača a Rodik si può svoltare in direzione del paesino chiamato Dane. Quando comincerete a intravederlo vi affaccerete su una piccola valle deliziosa, con uno stagno sulla destra e un sentiero bianco che attraversa un paesaggio rubato a un quadro impressionista. In effetti, se sapessi dipingere, sarebbe questo uno dei luoghi dove mi recherei armata di cavalletto, tele e colori. Peccato che gli studi umanistici mi abbiano derubata di ogni manualità. Di solito la nostra meta è il ristorante “Osterija na Planinci”, dove ci accoglie un tripudio di gnocchi, porcini e griglia. Uno dei motivi per cui amiamo questo luogo è l’enorme vetrata che si affaccia su boschi e campi che è difficile descrivere, in special modo d’autunno, quando i colori del fogliame riempiono la sala del ristorante con la loro luce. I prezzi sono leggermente più elevati di quelli di altri ristoranti, ma la qualità del cibo e la vista valgono il piccolo sacrificio. Di solito si ha a che fare col giovane proprietario, molto cortese e dai modi urbani, ma a volte si ha la fortuna di incappare nel “boss” che, come la signora di “Pri Filetu”, ogni tanto regala perle di reale saggezza, con i modi diretti che io e Davide tanto apprezziamo! Una volta, ad esempio, Valerio stava bevendo la Cockta direttamente dalla bottiglietta, e lui si è avvicinato con espressione greve, ha scosso la testa e guardato nostro figlio dritto negli occhi: “Solo gli ubriaconi bevono dalla bottiglia”. Solo questo ha detto. Valerio, senza batter ciglio né rispondere, ha appoggiato la bottiglia sul tavolo. Il proprietario gli ha versato la bibita nel bicchiere, e senza dire nulla si è allontanato. Educazione d’altri tempi! 

Una nota sulla Cockta: si tratta di una bibita slovena, il cui principale ingrediente è il cinorrodo della Rosa Canina (l’ho scoperto ora, facendo qualche ricerca per questo pezzo, dopo anni di ignoranza!). La bevanda nacque negli anni Cinquanta nell’allora Jugoslavia, quale contraltare anticapitalista della più nota Coca Cola. Negli anni Sessanta fu uno dei prodotti jugoslavi più esportati, e la sua produzione continuò a ritmi importanti fino al decennio successivo, quando la Jugoslavia aprì il mercato ai prodotti occidentali. Negli ultimi anni, anche grazie a campagne pubblicitarie e alla rivisitazione del logo, è tornata in auge, quantomeno in Slovenia. Valerio la adora.

La scorsa domenica però non ci siamo fermati al ristorante. Dietro il locale si trovano una serie di sentieri che ispirano un particolare senso di pace e dai quali si possono raggiungere le famose Grotte di San Canziano e il parco naturale adiacente. Abbiamo poi esplorato il paese e intuito nelle sue vie una storia più lunga e interessante di quanto non lasci intuire quanto si può trovare sul Web (cioè poco, tranne per ciò che riguarda tragici eventi bellici, che in questa sede preferisco tralasciare, essendo motivo di scontri e polemiche che non riguardano questo sito). Statue e iscrizioni sui portici, pozzi antichi, simboli religiosi scavati dal tempo… Una passeggiata che ci ha lasciato il desiderio di capirne qualcosa di più. Ma sul Web, niente. Da qui il mio appello: qualcuno ha informazioni con buone fonti sulla storia meno recente di questo paesino?











Preadolescenza, castelli e tesori nascosti.

Portare un preadolescente a visitare antiche vestigia di castelli sotto il sole cocente dell’estate potrà costarvi una sequela significativa...