Due fantasmi.
Chi è nato a Trieste o vi abita da anni, come me, spesso soffre di una sorta di assuefazione al bello, che sarei tentata di definire come una Sindrome di Stendhal "all'incontrario". Accade così che spazi eccezionali nella forma e nella storia diventino sfondo, piuttosto che figura. I suoi castelli, ad esempio. I triestini non ne fanno spesso la meta delle loro passeggiate, lasciandoli ai turisti.
Camminando lungo la Costa dei Barbari, nel tratto che parte dall'edificio (anch'esso mirabile) dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, ho notato come la luce del sole colpisse in modo suggestivo il Castello di Duino. Tornata a casa, mi sono resa conto di conoscere la storia e le leggende attorno a questo edificio molto superficialmente, così che ho compiuto qualche ricerca. L'impressione che ne ho ricavato mi ha spinto a ripetere la medesima operazione per il Castello di Miramare. Alla fine, li ho immaginati uniti da una linea immaginaria, così vicini nel loro succedersi in un breve tratto di costa, con la loro perfezione conficcata nel mare, la loro pietra, i giardini sontuosi, e le storie che custodiscono, come quelle (per certi versi di estrema attualità) della Dama Bianca e di Carlotta del Belgio, i cui leggendari fantasmi, dal mio punto di vista, rappresentano alcune questioni significative legate al genere.
Il castello di Duino è proprietà da secoli (fine XVI secolo) della famiglia Della Torre; nel tempo è passato di mano dal ramo Della Torre di Valsassina (germanizzato in Von Thurn Valsassina) a quello dei Della Torre e Tasso (Thurn und Taxis). Come possono suggerire le versioni tedesche dei loro nomi, entrambe le famiglie furono al servizio del Sacro Romano Impero, per poi tornare al loro nome italiano quando nel 1923 Alexander, erede del castello, venne nominato duca da Vittorio Emanuele III.
Vicino al castello dei Torre e Tasso vi sono i resti del castello vecchio, originario del X secolo: si tratta di rovine arroccate su un promontorio proprietà dei primi signori di Duino, feudatari dei patriarchi di Aquileia, ed è qui che risiederebbe il famoso fantasma della Dama Bianca. In realtà di "dame bianche" ce ne sono diverse, il che fa deporre per un'origine antichissima della narrazione, e dell'archetipo che rappresenta. Questo genere di spiriti fa infatti parte della cultura e del folklore europeo da secoli e la prima testimonianza dell’utilizzo di questo termine risale al XV secolo. Si tratta di fantasmi di donne morte in seguito a eventi tragici. Nel caso della Dama Bianca, si può senza dubbio definire l'evento in questione un femminicidio. Sottolineo l'importanza della distinzione di questo reato dall'omicidio per le implicazioni socio-culturali e giuridiche messe in questo terribile gioco.
Il nome della dama pare fosse Esterina da Portole, una nobildonna sposata al signore del castello; questi era un uomo violento e sanguinario, paranoico e dedito all'alcol, con l’incubo d'essere tradito dalla moglie, che per questo diveniva oggetto continuo di insulti e crudeltà, fino all'ultima e più estrema: una notte, ubriaco e folle di gelosia, gettò la dama dal dirupo del vecchio castello. La leggenda vuole che nella caduta la donna invocasse l'aiuto divino, che giunse, risparmiandole l'impatto col mare e "fermandola" sul dirupo, dove ancora si può scorgere le sue sembianze, sotto forma di una bianca e immobile roccia.
Percorriamo ora l'invisibile linea di significato che unisce il Castello di Duino a quello di Miramare, e la Dama a Carlotta.
Marie Charlotte Amelie Augustine Victoire Clémentine Léopoldine de Saxe-Coburg-Gotha, conosciuta con il nome di Carlotta, nacque Principessa del Belgio nel 1840.
A 16 anni conobbe Ferdinando Massimiliano D’Asburgo Lorena e se ne innamorò, corrisposta. L'anno successivo si sposarono (i matrimoni per scelta amorosa erano piuttosto rari) acquisendo il titolo di Arciduchessa d’Austria. Seguì il marito in Italia, prima a Milano quando venne nominato viceré e poi a Trieste quando venne congedato da quell'incarico. Max (come veniva chiamato dagli intimi) fece costruire il Castello di Miramare per lei, e fu lì che trascorsero i loro anni più felici: passeggiavano in riva al mare, dipingevano, si dedicavano alla musica e alla pittura. La loro vita a Miramare venne interrotta dall'offerta di un trono in Messico. Massimiliano accettò e con Carlotta lasciò Trieste alla volta del suo nuovo regno: dopo un viaggio durato un mese e mezzo, il 28 maggio 1864 arrivarono in Messico. Là trovarono però una situazione politica tutt’altro che favorevole alla monarchia. Furono anni segnati da pesanti tensioni: le riforme, cui anche Carlotta lavorava senza risparmiarsi, stentavano a produrre effetti in quell'immenso paese dilaniato da interni contrasti sociali e razziali. Per di più i due coniugi non stavano quasi mai insieme: Massimiliano era sempre in viaggio, attratto dalle esotiche bellezze del luogo. Scriveva alla moglie tenerissime lettere ma, allo stesso tempo, era sempre più distante emotivamente da lei. Un'ombra di tristezza circondava Carlotta, quando carica di gioielli e sfarzosamente abbigliata appariva alle cerimonie pubbliche. I primi sintomi di una sua profonda sofferenza comparvero in Messico, nell'ultimo periodo dei torbidi che avrebbero portato Massimiliano alla morte. Nel periodo di maggiori contrasti per la monarchia Carlotta si recò in Europa per chiedere aiuto a Napoleone III e al Papa. Ma né l'uno né l'altro concessero il sostegno sperato. Fu allora che qualcosa si ruppe, dentro di lei. Cominciò a temere d'essere avvelenata, a torto o ragione, ma fino al delirio.
Massimiliano venne arrestato dalle truppe repubblicane messicane e fucilato nel 1876. Carlotta crollò definitivamente alla notizia della morte del marito. Per un periodo, pare sofferente fino alla follia, visse rinchiusa nel Castelletto di Miramare, per poi essere ricondotta in Belgio per volontà della cognata Maria Enrichetta d’Asburgo-Lorena nel castello di Bouchout, nei pressi di Bruxelles, dove visse fino alla morte che la sorprese nel gennaio del 1927.
Queste due storie hanno in comune non solo la geografia, ma anche la sensazione che la realtà di queste donne sia stata appiattita attorno a un'aura romantica che poco le rappresenta. Mi piace pensarle più vere, ora che ho studiato un poco le loro storie.
Ma andiamo al sodo. Lungo la linea che congiunge i due castelli, naturalmente c'è un luogo di ristoro: il ristorante Bellariva. Si trova subito dopo la galleria di Grignano, imboccando sulla sinistra la via Piccard, che conduce sino a una spiaggia libera. Alla fine di via Piccard, occorre imboccare i gradini seguendo un ripido passaggio che conduce fino alla piccola spiaggia di ciottoli, i Filtri di Aurisina.


Un articolato sistema di vasche sotterranee e pompe raccoglie l'acqua dolce che dopo diversi filtraggi depurativi (da qui si ipotizza derivi il nome della spiaggia), contribuisce ad approvvigionare la città.
Il ristorante è aperto da Pasqua fino a ottobre. Nelle domeniche estive è poco praticabile per chi non ami il parcheggio selvaggio sulla Costiera e l'eccesso di bagnanti affamati. Ogni anno giunge però una domenica di pioggia, di cui approfittiamo per mangiare buon pesce a prezzi accettabilissimi, con uno sguardo sul mare in tempesta dalla terrazza che si sporge sul mare.
Camminando lungo la Costa dei Barbari, nel tratto che parte dall'edificio (anch'esso mirabile) dell'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, ho notato come la luce del sole colpisse in modo suggestivo il Castello di Duino. Tornata a casa, mi sono resa conto di conoscere la storia e le leggende attorno a questo edificio molto superficialmente, così che ho compiuto qualche ricerca. L'impressione che ne ho ricavato mi ha spinto a ripetere la medesima operazione per il Castello di Miramare. Alla fine, li ho immaginati uniti da una linea immaginaria, così vicini nel loro succedersi in un breve tratto di costa, con la loro perfezione conficcata nel mare, la loro pietra, i giardini sontuosi, e le storie che custodiscono, come quelle (per certi versi di estrema attualità) della Dama Bianca e di Carlotta del Belgio, i cui leggendari fantasmi, dal mio punto di vista, rappresentano alcune questioni significative legate al genere.
Il castello di Duino è proprietà da secoli (fine XVI secolo) della famiglia Della Torre; nel tempo è passato di mano dal ramo Della Torre di Valsassina (germanizzato in Von Thurn Valsassina) a quello dei Della Torre e Tasso (Thurn und Taxis). Come possono suggerire le versioni tedesche dei loro nomi, entrambe le famiglie furono al servizio del Sacro Romano Impero, per poi tornare al loro nome italiano quando nel 1923 Alexander, erede del castello, venne nominato duca da Vittorio Emanuele III.
Vicino al castello dei Torre e Tasso vi sono i resti del castello vecchio, originario del X secolo: si tratta di rovine arroccate su un promontorio proprietà dei primi signori di Duino, feudatari dei patriarchi di Aquileia, ed è qui che risiederebbe il famoso fantasma della Dama Bianca. In realtà di "dame bianche" ce ne sono diverse, il che fa deporre per un'origine antichissima della narrazione, e dell'archetipo che rappresenta. Questo genere di spiriti fa infatti parte della cultura e del folklore europeo da secoli e la prima testimonianza dell’utilizzo di questo termine risale al XV secolo. Si tratta di fantasmi di donne morte in seguito a eventi tragici. Nel caso della Dama Bianca, si può senza dubbio definire l'evento in questione un femminicidio. Sottolineo l'importanza della distinzione di questo reato dall'omicidio per le implicazioni socio-culturali e giuridiche messe in questo terribile gioco.
Il nome della dama pare fosse Esterina da Portole, una nobildonna sposata al signore del castello; questi era un uomo violento e sanguinario, paranoico e dedito all'alcol, con l’incubo d'essere tradito dalla moglie, che per questo diveniva oggetto continuo di insulti e crudeltà, fino all'ultima e più estrema: una notte, ubriaco e folle di gelosia, gettò la dama dal dirupo del vecchio castello. La leggenda vuole che nella caduta la donna invocasse l'aiuto divino, che giunse, risparmiandole l'impatto col mare e "fermandola" sul dirupo, dove ancora si può scorgere le sue sembianze, sotto forma di una bianca e immobile roccia.
Percorriamo ora l'invisibile linea di significato che unisce il Castello di Duino a quello di Miramare, e la Dama a Carlotta.
Marie Charlotte Amelie Augustine Victoire Clémentine Léopoldine de Saxe-Coburg-Gotha, conosciuta con il nome di Carlotta, nacque Principessa del Belgio nel 1840.
A 16 anni conobbe Ferdinando Massimiliano D’Asburgo Lorena e se ne innamorò, corrisposta. L'anno successivo si sposarono (i matrimoni per scelta amorosa erano piuttosto rari) acquisendo il titolo di Arciduchessa d’Austria. Seguì il marito in Italia, prima a Milano quando venne nominato viceré e poi a Trieste quando venne congedato da quell'incarico. Max (come veniva chiamato dagli intimi) fece costruire il Castello di Miramare per lei, e fu lì che trascorsero i loro anni più felici: passeggiavano in riva al mare, dipingevano, si dedicavano alla musica e alla pittura. La loro vita a Miramare venne interrotta dall'offerta di un trono in Messico. Massimiliano accettò e con Carlotta lasciò Trieste alla volta del suo nuovo regno: dopo un viaggio durato un mese e mezzo, il 28 maggio 1864 arrivarono in Messico. Là trovarono però una situazione politica tutt’altro che favorevole alla monarchia. Furono anni segnati da pesanti tensioni: le riforme, cui anche Carlotta lavorava senza risparmiarsi, stentavano a produrre effetti in quell'immenso paese dilaniato da interni contrasti sociali e razziali. Per di più i due coniugi non stavano quasi mai insieme: Massimiliano era sempre in viaggio, attratto dalle esotiche bellezze del luogo. Scriveva alla moglie tenerissime lettere ma, allo stesso tempo, era sempre più distante emotivamente da lei. Un'ombra di tristezza circondava Carlotta, quando carica di gioielli e sfarzosamente abbigliata appariva alle cerimonie pubbliche. I primi sintomi di una sua profonda sofferenza comparvero in Messico, nell'ultimo periodo dei torbidi che avrebbero portato Massimiliano alla morte. Nel periodo di maggiori contrasti per la monarchia Carlotta si recò in Europa per chiedere aiuto a Napoleone III e al Papa. Ma né l'uno né l'altro concessero il sostegno sperato. Fu allora che qualcosa si ruppe, dentro di lei. Cominciò a temere d'essere avvelenata, a torto o ragione, ma fino al delirio.
Massimiliano venne arrestato dalle truppe repubblicane messicane e fucilato nel 1876. Carlotta crollò definitivamente alla notizia della morte del marito. Per un periodo, pare sofferente fino alla follia, visse rinchiusa nel Castelletto di Miramare, per poi essere ricondotta in Belgio per volontà della cognata Maria Enrichetta d’Asburgo-Lorena nel castello di Bouchout, nei pressi di Bruxelles, dove visse fino alla morte che la sorprese nel gennaio del 1927.
Queste due storie hanno in comune non solo la geografia, ma anche la sensazione che la realtà di queste donne sia stata appiattita attorno a un'aura romantica che poco le rappresenta. Mi piace pensarle più vere, ora che ho studiato un poco le loro storie.
Ma andiamo al sodo. Lungo la linea che congiunge i due castelli, naturalmente c'è un luogo di ristoro: il ristorante Bellariva. Si trova subito dopo la galleria di Grignano, imboccando sulla sinistra la via Piccard, che conduce sino a una spiaggia libera. Alla fine di via Piccard, occorre imboccare i gradini seguendo un ripido passaggio che conduce fino alla piccola spiaggia di ciottoli, i Filtri di Aurisina.


Un articolato sistema di vasche sotterranee e pompe raccoglie l'acqua dolce che dopo diversi filtraggi depurativi (da qui si ipotizza derivi il nome della spiaggia), contribuisce ad approvvigionare la città.
Il ristorante è aperto da Pasqua fino a ottobre. Nelle domeniche estive è poco praticabile per chi non ami il parcheggio selvaggio sulla Costiera e l'eccesso di bagnanti affamati. Ogni anno giunge però una domenica di pioggia, di cui approfittiamo per mangiare buon pesce a prezzi accettabilissimi, con uno sguardo sul mare in tempesta dalla terrazza che si sporge sul mare.