La Casa del Diavolo

Percorrendo la strada che risale il canale di Gorto, nel tratto compreso tra Ovaro e Comeglians, da una vita svolto a  sinistra, sulla statale n.465, in direzione di Sostasio. Siamo in Val Pesarina, luogo tanto solare e vitale quanto desolato e freddo, in un continuum legato alla stagione, all’umore, al momento storico, alla condizione socioeconomica che distingue chi (soprattutto in un passato non troppo lontano) ha faticato per sopravvivere a una terra aspra o ha dovuto emigrare oltreconfine e chi ha vissuto epoche di maggior benessere, o ha goduto dei benefici dei “villeggianti” (come ancora oggi qui vengono chiamati i turisti).
Non si può che soffermarsi su un elemento alla volta, nell’esposizione delle numerose mete da esplorare in questo microcosmo denso di opportunità: oggi, gli stavoli di Orias.
Oltrepassati gli abitati di Prato Carnico e Pieria, si prosegue in direzione Osais, svoltando a sinistra e raggiungendo il paesino di Truia, dove i guidatori meno avvezzi a strade strette, pendenti e con curve impegnative lasceranno l’automobile. Premetto, per questo itinerario e quelli che seguiranno, che la mia idea di strada pericolosa si differenzia in modo significativo da quella di Davide, motivo per cui trascorro gran parte del tempo di percorrenza verso le nostre mete montane aggrappata alla maniglia del lato passeggero, urlando come un pappagallo sul trespolo.
Poco sopra l’abitato, a un’altitudine di circa 1000 metri, meraviglia: gli stavoli. Queste tipiche costruzioni di montagna nascono come dimora temporanea adibita al ricovero di animali e al deposito di foraggio e fieno, ma col tempo sono diventati luoghi dove i (fortunati!) proprietari trascorrono la domenica a suon di griglia, polenta e merlot. L’elemento caratteristico degli stavoli di Orias è caratterizzato dal fatto che i fabbricati sono stati costruiti ravvicinati l’uno all’altro (solitamente sono distanziati, ognuno corrispondente a un appezzamento di terreno) e dal fatto che tutti hanno il medesimo orientamento, verso la Valle.
Guardatevi attorno: a est vedrete il monti Arvenis, Tamai e il cubo dello Zoncolan, a ovest la Creta di Mimoias, di fronte le montagne che separano la Val Pesarina dalla conca di Sauris, alle spalle le dolomiti pesarine. Uno degli infiniti paesaggi da lasciar senza fiato in queste zone ancora solo parzialmente investite dal flusso turistico degli amanti degli sport di montagna: è ancora oggi più facile trovarci chi, come noi, conosce la Valle “perché ci viene da quando era bambino”, spinto dal desiderio di rivivere quell’ineffabile magia sperimentata nell’infanzia.
Oggi vi portiamo a fare un sostanzioso spuntino in un locale con una storia importante, direi un condensato delle vicende più significative del XX secolo in queste zone: la Casa del Popolo di Pieria. All’epoca della sua costruzione i clericali la chiamavano con spregio “Casa del Diavolo”, e per un brevissimo periodo si è trasformata in “Casa del Littorio”: questo valzer di nomi ci fa comprendere il valore simbolico di questo luogo, rinato nel 2013 dopo diversi anni di chiusura, sede della Biblioteca Comunale, di un bar con cucina e dotato di camere per il pernottamento.
L’edificio fu costruito fra il 1909 e il 1910 grazie a uno sforzo economico collettivo dell’intera comunità, che mise in campo i propri (pochi) averi e la forza fisica di uomini e donne, con l’idea di ospitare le associazioni della vallata e di essere un luogo di confronto, di svago e di incontro per i lavoratori carnici. La fondazione della Casa del Popolo rappresentò l’apice dello sviluppo del movimento operaio in Carnia, nonché il segno dell’affermarsi della corrente parallela dell’anarchismo, tanto che nel giorno dell’inaugurazione, il 2 febbraio 1913, si tennero due discorsi per certi versi contrapposti, rappresentanti i due movimenti, che affondavano le loro radici comuni nei concetti di unità, autoorganizzazione e cooperativismo già praticate da decenni in queste valli. Ci si può chiedere come mai tanto fermento in questi luoghi così decentrati: fu l’emigrazione, scelta obbligata per molta parte della storia della Carnia, il veicolo per la diffusione di innovazioni politiche e culturali come l’internazionalismo, l’anticlericalismo e l’antimilitarismo. Gli emigranti infatti ritornavano nella Valle stagionalmente, portando nei paesi una possibile risposta a povertà e sfruttamento da parte dei “poteri forti”: l’idea di “organizzarsi da sé”.
Temiamo di aver annoiato chi di voi non è interessato ai rivolti storici, quindi andiamo al sodo: alla Casa del Popolo, gestita attualmente da “Cycletaurus”, rete di accompagnatori cicloturistici del Friuli Venezia Giulia, potrete mangiare salumi, formaggi, polenta, frico, selvaggina, salsiccia ed eccellenti dolci spendendo dai 10 ai 20 euro a persona. Tenete presente che in tutta la Valle il tajut (o taglio di vino) costa un euro o poco più… e che vino!
Terminata la merenda, pensate alla prossima gita, perchè gli itinerari in zona sono infiniti…





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